“Vigliacco, fatale e inetto se aspettiamo forse qualche morte…”. L’apoteosi della staticità e dell’inerzia nelle parole di Varnalis. Convinzioni che hanno messo radici così profondamente dentro di noi da perseguitarci. Lasciato alla perpetua inquietudine di una sedia a dondolo.
È conveniente cedere alla preoccupazione per ciò che accade intorno a noi, ciò che ci accade. Iniziamo la giornata preoccupandoci del tempo, della politica, di un cattivo datore di lavoro, di ciò che gli altri ci fanno. È così che abbiamo imparato. Ci saranno sempre problemi e difficoltà. Ma il problema è cosa facciamo. Prendiamo un ombrello? Abbiamo imparato a ballare sotto la pioggia? Oppure ci limitiamo a brontolare e a sopportare il tempo?
È facile incolpare gli altri per la nostra sofferenza. La cosa difficile è riconoscere il nostro ruolo in tutte le situazioni in cui siamo coinvolti. È importante capire che nulla cambierà se non facciamo qualcosa di diverso da quello che abbiamo fatto fino ad ora.
E i diversi significa innanzitutto alzarsi dalla poltrona, ascoltare nel profondo la propria voce, pensare a ciò che ci appassiona, a ciò che dà senso alla nostra vita. Pensa a cosa siamo bravi a fare e cosa ci piace fare.
Appena lasciamo la poltrona inizia il viaggio. Finalmente per viaggiare come autisti e non come passeggeri. La cosa difficile è sempre il primo passo, l’inizio, liberarsi dall’inerzia delle critiche e delle lamentele. Allora tutto è più facile. C’è sempre un modo se c’è una ragione. E la ragione è il dono della vita stessa. Il fallimento è peccato.